E se si provasse intanto a umanizzarla? Intendetemi bene, non parlo di sentimenti, ma di recuperare il rispetto per le persone e la dignità degli operatori. Potremmo iniziare da questo.
Potremmo così ad esempio non vedere più convocate decine di persone, tutte insieme, alle 8,30 del mattino per essere sottoposte alle visite per l'invalidità civile, immaginando che tra esse alcune potrebbero non tollerare 3\4 ore di attesa e dunque sperando che qualcuno, lì, abbia l'alzata d'ingegno di dilazionare le visite.
Potremmo anche non vedere più ospitata questa gente, costretta suo malgrado ad esibire (magari non proprio tutti, vero) le proprie infermità davanti agli altri, non in un fondo di corridoio senza finestre di una struttura fatiscente di Reggio (un cantiere aperto, con rari operai intenti a stuccare muri e porte), ma in locali più rispettosi delle condizioni dei pazienti e della dignità delle cose che lì si devono fare.
Potremmo poi invece vedere che qualcuno decida (dopo aver informatizzato le procedure, accelerando senza dubbio l'iter delle pratiche) di incaricare uno dei tanti impiegati a stare all'ingresso, ad un banco informazione, per indicare alla gente magari l'ubicazione della stanza della commissione, senza costringerla ad andare e venire bussando penosamente a tutte le porte.
Ecco, resteremmo comunque senza il coraggio di fare le grandi cose, ma recupereremmo forse un poco di rispetto e di dignità.
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