giovedì 19 agosto 2010

Rocco Nassi

E' stata appena presentata la seconda raccolta di poesie di Rocco Nassi "Pè comu parru scrivu. Amari penzeri" (Chiedete a lui il libro. Ma fate presto perchè ha tante richieste).

Ho detto lì, da lui amabilmente invitato a parlare, un paio di cose. Anzitutto che mi sorprende come gli venga facile raccontare in pochissimi versi situazioni, storie e persone. Rocco ha l’indubbia capacità di cogliere il senso di tante cose e di descriverlo con facilità, in maniera diretta, immediata e soprattutto gradevole. Le stesse riflessioni, le stesse considerazioni che faccio talora io o che ascolto da altri, lui le mette in versi. Con ironia bonaria, talune volte con sarcasmo, senza però volere mai dare l’idea di chiamarsi fuori, di pensarsi migliore degli altri.

Qualche settimana fa, ad esempio, gli ho chiesto di scrivere qualcosa su indesiderate presenze cittadine e del particolare costume che abbiamo a Bagnara di ricoprire le grate in strada con gli oggetti più disparati, quasi a nascondere il problema, anziché mobilitarsi per provare a risolverlo. Lui in un batter d’occhio ha composto I babbottuli. Questi versi non resteranno nella storia della letteratura, ma quando dice

Nc’è cchiù d’unu senza cori
chi va stuppandu i balati,
e sti poviri turisti
sunnu spissu segregati…

coglie nel segno tanto più rapidamente ed efficacemente di tante sdegnate denunzie su giornali e siti internet.

Di ben altro spessore è Com’erumu. Rocco era venuto in possesso, attraverso Pino Barbàra, di una composizione di Pietro Milone, scritta nel maggio del 1907 e dal titolo Bagnara docet. Vi si esaltava la laboriosità e la ricchezza della Bagnara d'un tempo, detentrice di tanti primati sociali, economici e culturali. Ne ha preso spunto per raccontarci invece la Bagnara di oggi. Ha composto una sorta di controcanto, pieno di amarezza e rimpianti.

I babbottuli e Com’erumu sono due aspetti – uno giocoso e l’altro più impegnato - di una stessa attività che lo rende, me ne sono convinto, a suo modo una sorta di cronista.

Per questo ho detto pure che lui forse dovrebbe prendersi un pò più sul serio e convincersi (glielo hanno detto in tanti stasera) che questa forma di espressione che ha scelto può avere, qui da noi, una ricaduta culturale interessante.

1 commento:

Unknown ha detto...

Caro Giuseppe,
Rocco è un amico, un uomo onesto e lavoratore, capace di scrivere "rime" divertenti, spesso intelligenti, ironiche, sarcastiche,pungenti finanche amare che quasi sempre apprezzo. Qui mi fermo.
Dell'evento dell'altra sera ho molto apprezzato il tuo intervento. E anche qui mi fermo.
Sono, invece, venuto in possesso del testo originale di Pietro Milone, se non ricordo male con dedica dell'autore, circa cinque anni fa (ne feci subito una copia a Lillo Dominici). Il libro proviene dalla biblioteca di tuo nonno, Dr. Giuseppe Barilà, che oltre ad essere un valente medico era uomo di eccezionale cultura e di buoni costumi. Mente vivacissima e veramente libera non ha mai abbandonato il suo credo e non ha mai indietreggiato di un passo davanti a niente e a nessuno; non si è calato le braghe ne davanti a cattedratici ne davanti all'arroganza politica (della D.C.), che ha combattuto e stravinto, soccombendo solo col tradimento (arma questa che la D.C. ha tenuto sempre dalla parte del manico). Impugnava la penna con grande abilità e poteva vantare (cosa che non ha mai fatto) le amicizie migliori che la Calabria, e non solo, potesse offrire (Cilea, Foberti, Casalinuovo ecc...). Ultimo, forse, fra i bagnaroti veramente dotati di attributi maschili tali da lasciare solchi su cui noi oggi ancora camminiamo. Finanche le ultime generazioni hanno qualcosa per cui ringraziarlo e mille motivi per ricordarlo. Invece questa sera sull'ennesimo palco delle vanità il "piccolo imbonitore smascherato" imbonirà di nulla la solita inconsistente platea.