giovedì 28 gennaio 2010

Ci siamo incontrati

Dopo tre anni ci siamo ritrovati a riproporre una manifestazione per onorare la Giornata della Memoria. Nel 2007 fu la mostra Visas for Life, l’omaggio ai diplomatici che salvarono la vita agli Ebrei. Quest’anno abbiamo invece preferito spostare la nostra attenzione sulla realtà locale, sforzandoci di trovarvi una connessione con la Giornata della Memoria e dare così a questa celebrazione un significato diverso, diciamo, un significato che sia diversamente utile per noi qui.

Una motivazione, anzi un vero aiuto per meglio approcciare questo incontro a me personalmente lo ha offerto un evento recente, l’incontro del Papa con la comunità ebraica romana, e in particolare un passaggio del discorso del rabbino Riccardo Di Segni che sottolineava come: Ci misuriamo col nostro silenzio che ci interroga, ci sfida e non sfugge al giudizio.

La responsabilità del silenzio è un atto di accusa forse tra i più gravi rivolto ad alcuni dei testimoni (grandi e piccoli) di quei tempi tragici; alcuni di essi, ancora al centro di polemiche laceranti, sono uomini su cui la storia ha difficoltà a dare un giudizio.

In misura e maniera naturalmente diverse, in una collocazione storica e culturale naturalmente diverse, la responsabilità del silenzio oggi interroga e sfida anche noi, qui.

Ci interroga e ci sfida sui grandi temi del vivere quotidiano, su ciò che accade e di cui veniamo comunque a conoscenza, …le povertà del mondo, la coesistenza con gli altri, l’antisemitismo rinascente.

E la responsabilità del silenzio ci sfida e ci interroga anche, più direttamente, sui temi e sui problemi, sulle sofferenze e sui disagi della nostra Comunità, della nostra cittadina e della nostra regione e sul contributo che ognuno, secondo vocazioni e capacità individuali, può fornire nei diversi settori della vita civile, nel sociale, nella cultura, nella politica, nell’economia.

Siamo tutti consapevoli dei tanti fattori, individuali e sociali, che ci condizionano e ci inducono talvolta a fare un passo indietro. Il chiamarsi fuori, non farsi coinvolgere, non metterci la faccia, costituiscono però probabilmente le nostre responsabilità odierne e future, e toccano la nostra dignità e la nostra libertà.

Da qui l’assunto che la partecipazione diventa manifestazione della nostra dignità e strumento per rivendicare la nostra libertà.

Spero che l’incontro possa far generare qualcosa di significativo e duraturo, onorando così questa Giornata.

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